Geraldina Piazza

La gatta frettolosa…

Nome strano per una barca a vela, ma per qualcuno è stato profetico. Era una barca veloce, volava sulle onde, leggerissima. L’ho timonata in molte regate per tanti anni, e Gaetano, il suo armatore, è sempre stato gentile e disponibile.

Certo non si aspettava di finire in una tempesta.

Non riesco a mettermi nei suoi panni. Non voglio giudicare, ma, sono certa, che ne uscirà con le ossa rotte. Come quella volta che fece un frontale sulla Palermo Agrigento perché, chi gli veniva incontro, ebbe un colpo di sonno e lo prese in pieno andando contromano. Il tapino morì, e Gaetano, che aveva la cintura allacciata (allora non era obbligatorio), rimase con il livido sul corpo che, quando era in costume, gli disegnava una meravigliosa fascia nera in diagonale sul torace.

E un’altra vita, come la gatta della sua barca, se l’è giocata a Alghero, con questa “dissecazione dell’aorta”, che hai voglia di dire che è mortale e che andava risolta chirurgicamente subito, ma non puoi dire che in Sardegna non c’è nessuno che lo sappia fare.

E, caso strano, un episodio avvenuto il 15 gennaio, viene a galla solo il 15 febbraio. E quando? Quando una povera neonata, con i polmoni pieni di liquido amniotico e in crisi respiratoria, per molte concause, non può essere salvata anche perché, per far risparmiare la regione Sicilia, l’elisoccorso catanese non vola di notte per questioni di budget. E ciò nonostante l’ospedale Cannizzaro, sia perfettamente attrezzato.

Ma il 118 palermitano ha altri budget e altre regole. E quando il capo chiama gli operatori corrono.

La meta era l’Ismett, ospedale all’avanguardia per i trapianti, eccellenza siculo-americana, dove è stato operato all’alba con successo. La sua vita, di medico rianimatore, è stata salvata, e i sardi, con grande tempismo, hanno vendicato l’offesa ricevuta mettendolo nei guai. Perché non è per tutti essere presi in un’altra regione, nel cuore della notte, per andare a ricoverarsi dove ci piace di più, tant’è che il confronto con la piccola Nicole è inevitabile. Non poteva un elicottero palermitano prelevarla e portarla dove c’era un posto libero nella terapia intensiva neonatale? Se l’ha potuto fare lui, da Alghero a Palermo, perché non lei?

L’unica conclusione che mi auguro è quella che si possa accertare che per la bimba non c’era niente da fare nemmeno con la massima tempestività. Non consolerà nessuno, ma, almeno, non alimenterà la rabbia indicibile che devono aver provato i suoi genitori per vederla andar via senza averla mai conosciuta.

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