Geraldina Piazza

Le fiabe sonore

hqdefaultI miei cugini Piazza abitavano in una casa enorme, ospiti della nonna materna, che aveva dato loro alcune stanze di un appartamento contiguo al suo. Erano 4 figli e dividevano due grandi camere molto spoglie, illuminate da tubi di neon incassati nella cornice del tetto. C’erano i letti a castello, di ferro smaltato blu, che ho sempre guardato con invidia, soprattutto a chi abitava il piano di sopra, coperti da plaid di colori sgargianti, regalati dal Touring Club; un vecchio divano un po’ malconcio con un telo a protezione della tappezzeria, una piccola libreria e due pareti di armadi a muro, in cui era conservato, tra le altre cose, il corredo di vestiti da sera della zia Marisa. Era, negli anni ’50, a detta di molti, una delle ragazze più belle ed eleganti della città. Figlia unica di una ricca possidente e di un direttore di banca, aveva frequentato i migliori collegi della Svizzera, che le avevano lasciato una buffa erre arrotata, e i suoi vestiti provenivano dalle migliori sartorie. Ogni tanto aprivamo l’armadio, e, certe di non essere scoperte, per ammirarli sollevavamo le buste di carta velina che li coprivano per proteggerli. Avevano scollature a fasce incrociate, impossibili punti vita che davano poi sfogo a gonne che si aprivano a corolla, sorrette da sottogonne di pizzo e tulle. Erano di tessuti fiorati ed evanescenti, e facevano sognare di prime all’opera e feste danzanti solo a guardarli. Nel grande stanzone della suite dei miei cugini non c’era un tavolo, perché, per abitudine, stavano sempre per terra. La zia era di una pulizia patologica. Ti faceva levare le scarpe appena varcavi la soglia di casa, e, se entrava un adulto, veniva immediatamente fornito di orribili “pattine di feltro” che si indossavano sopra le calzature. Così raggiungeva un duplice scopo: salvaguardava la cera del pavimento dal calpestio e continuava a lucidarlo a ogni passo. A terra si studiava, si leggeva e si scriveva, si giocava a scopa e a 7 e 1/2, si stendeva il tabellone del gioco di Barbie o del Monopoli ma, soprattutto, si ascoltavano le Fiabe Sonore: “A mille ce n’è…nel mio cuore di fiabe da narrar, da narrar…” Era il momento del pomeriggio che mi piaceva di più e che attendevo con ansia. Si prendeva dallo scaffale alto della libreria, usando uno sgabello di legno a scaletta, il MANGIADISCHI. Grigio e color crema, dalla forma tondeggiante, e con un manico che permetteva di portarselo dietro come una borsetta, aveva una fessura della grandezza di un 45 giri e un solo pulsante rotondo che serviva per espellere il disco, visto che, infilandolo, partiva da solo, oltre, naturalmente, alla rotellina del volume. Quindi prendevamo i dischi che erano contenuti in una busta interna a dei grandi albi della Fratelli Fabbri Editori. E sparpagliandoli sul pavimento lucido, di graniglia gialla e rossa, tipo salame, sceglievamo fra fiabe straconosciute ma sempre apprezzate (Cenerentola, Biancaneve, Cappuccetto rosso) e altre mai sentite ma ormai stampate indelebilmente nella mia memoria come quelle della “Fata Piumetta” o del “Cigno appiccica”, da me sempre citata fra lo stupore generale. All’interno del libro trovavi le parole che ti consentivano di seguire la favola e delle bellissime tavole illustrate con dei disegni non troppo infantili. Prendevi il 45 giri, lo infilavi e la magia cominciava. Iniziavano e finivano tutte con un ritornello che, sono certa, i miei coetanei non possono aver dimenticato; quindi il narratore cominciava il racconto, intervallato da canzoncine, antesignane dei nostri musical, che cantavamo a squarciagola come un moderno karaoke. Dietro tutto questo c’era un mondo di voci, di cantanti, di autori e musicisti che, silenziosamente anonimi, lavoravano senza gloria. Più o meno alla fine degli anni ’90 la Fratelli Fabbri decise di rieditare tutta la collana, allegando una cassetta invece del disco, al libro. Stesso formato, stessi disegni e stesso audio originale. Una vera leccornia. Pur non avendo ancora figli, memore della stupenda collezione dei miei cugini (io, al massimo, ne avevo avuti comprati una decina) li acquistai tutti, settimana per settimana. Tant’è che, raccogliendo i punti, mi fu regalato un piccolo mangianastri, di colore bluette e bianco con disegnati dei fiori e una bambola, per poterle ascoltare. Mio figlio Carlo ne ha goduto molto poco, bombardato com’è, adesso, da stimoli molto più immediati. Ma restano conservate in buon ordine nella sua libreria.

philips ag 9138 - mangiadischi grigio bianco  1

Certo però che il vecchio e caro mangiadischi era tutta un’altra cosa…

2 pensieri su “Le fiabe sonore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Meteo Palermo


Meteo Palermo