Geraldina Piazza

il mio badante rumeno

valentino 1

Ci sono momenti della tua vita in cui le percezioni si acuiscono e le antenne dell’intuito ti rendono quasi animalesca.

Ma, probabilmente, non ci vuole troppo acume per capire che, in mezzo a tanto casino, io ho avuto una fortuna sfacciata.

Una delle conseguenze delle maledette cure che sto seguendo ha portato degli strascichi imprevisti che mi rendono molto bisognosa di assistenza fisica, e, magari, anche morale.

Dei forti dolori muscolari, accoppiati a dolori reumatici che a random colpiscono tutte le giunture del mio corpo (nocche delle mani, polsi, ginocchia, caviglie) mi rendono quasi invalida, oltre che sofferente. È quasi un mese che ho bisogno di aiuto per allacciare il reggiseno poiché le mie braccia non arrivano ad affibbiare dietro le spalle i gancetti, non riesco a sollevare pesi o a stringere le dita sulla bottiglia per versarmi dell’acqua, non posso guidare perché non sono in grado di stringere la leva del cambio, né utilizzare la frizione o girarmi indietro per fare manovre…

Non mi sono sposata in chiesa ma in Comune, con le formule di legge che non includono frasi epiche tipo: “…in salute e in malattia finché morte non vi separi…” ma Paolo non sembra aver colto che, in un frangente simile, potrebbe anche lavarsene le mani continuando tranquillamente la sua vita di lavoro e di relazioni. Anzi.

Mi accudisce premurosamente, affettuosamente, con amore. Sopporta lamentele e nervosismi, dorme accanto a me con l’orecchio teso a cogliere eventuali sveglie notturne, mi sgrava di ogni compito casalingo, dalla spesa alle piccole commissioni.

E io lo guardo di sottecchi pensando a quanto sono stata fortunata ad essere amata da un uomo come lui, che si duole di non poter portare con me il peso di questa malattia, che si rammarica se mi vede sofferente, e non si volta dall’altro lato come spesso ho visto fare ai compagni di amiche in difficoltà.

E’ facile stare insieme se tutto scorre liscio…più difficile è aiutarsi quando qualche problema ci sbarra il cammino.

Ma credo che, sotto a tutto questo, ci sia un obiettivo comune, un traguardo di vita da raggiungere insieme…

E allora, con questo scritto, voglio cercare di esprimere a Paolo tutto il mio amore, la mia gratitudine, la mia riconoscenza.

Grazie per esserci, sempre.

Grazie per esprimermi il tuo amore in ogni modo, con i pensieri, con i gesti e con le parole. Con i sorrisi e con gli sguardi di intesa.

Grazie per avermi fatto da badante, da infermiere, da assistente, da cuoco e da autista.

Grazie per avermi assistito con i medici e con le terapie, con le visite e con gli interventi.

Grazie per avermi risolto, ogni giorno, per cinque mesi, tutti i problemi che si sono, di volta in volta, presentati.

Grazie per non esserti lamentato mai e per aver sopportato, ogni tanto, i miei nervosismi.

Grazie per avermi assecondato, per avermi creduto, per esserti fidato e per aver passato con me giorni e notti difficili.

Grazie per questo tuo amore discreto ma fortissimo, come mi stai dimostrando, a prova di malattia.

Ti prometto, però di risorgere, come l’Araba Fenice, dalle mie ceneri, e di tornare come prima per poter ricambiare con lo stesso amore che mi stai dimostrando. E tu sai bene che io le promesse le mantengo.cappellifamosi6-i-fidanzatini-di-peynet

5 pensieri su “il mio badante rumeno

  1. Rosanna Pirajno

    Mi dispiace molto per la tua malattia, di cui non ho avuto sentore perché il tuo sorriso non ha mai mostrato incrinature, ed apprendo ora che sei sofferente da ben cinque mesi. Adesso è il tempo della ripresa di tutto, della salute, della vita, degli affetti e siccome hai accanto un marito speciale, tutto sarà facile. E comunque, siete una bella coppia, affiatata, generosa, simpatica, buona vita ad entrambi.

    1. Geraldina Piazza Autore dell'articolo

      Grazie Rosanna, ho mostrato solo ora ciò che ho passato proprio perché è PASSATO. Lamentarsi non serve a niente e a nessuno. Lo sapevano solo le persone più vicine che mi hanno aiutato molto, e mio marito che è stata la colonna dei miei ultimi ventun’anni. E ciò bastava.

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