Geraldina Piazza

Il Gatto Filippo, favola per Maurizio Costanzo

Filippo era un gattone che viveva fra le assi di un palcoscenico, in un piccolo teatro.

Faceva una vita tranquilla, senza sobbalzi; la mattina dormiva sino a tardi, disturbato soltanto dai rumori delle donne delle pulizie che ogni tanto avevano tentato di risucchiarlo con i loro attrezzi infernali.

Aveva trovato rifugio all’interno di un sofà un po’ sgangherato, in un camerino ormai chiuso da tempo e pieno di vecchie foto ingiallite, di una diva degli anni cinquanta, dagli angoli stropicciati. 

Il pomeriggio assisteva sornione e non visto alle prove degli spettacoli. Giocava a fare l’equilibrista sopra le travi a cui erano appesi gli spot; oltre che di un ottimo panorama godeva anche del dolce calduccio che questi emanavano quando erano accesi.

Nel quartiere lo conoscevano tutti, e tutti lo amavano. Chi gli portava del cibo, chi altri del latte scaldato, chi ancora si fermava anche solo per una carezza. E lui se la godeva, leccandosi i baffi lunghi e vibranti. Non era un gatto di razza esotica, nè aveva il pelo folto e lungo, anzi, qualche ciuffo mancava qui e là, segno evidente di lotte amorose, ma tutte le femmine umane o pelose dell’intero rione erano pronte a contenderselo. 

“Filippo – diceva una bionda vampira dall’alto dei suoi tacchi a spillo – vieni, ti ho portato il patè”; “Filippo – miagolava una nera miciona allisciandosi il pelo con fare suadente – andiamo a vedere la luna”.

Ma lui niente; i tramonti non avevano fascino, con tutti i colori cambiati; il mangiare diventava un problema, dovendo poi rientrare all’interno dello stretto sofà, e su tutte vinceva la schiva Maria, esemplare assai raro di essere umano pensante e rispettoso dell’ altrui identità.

Ogni tanto lo coccolava, senza insistere troppo; gli portava il mangiare, discretamente, senza urli o schiamazzi, e mai che avesse i tacchi a spillo, che orrore! se per caso lo avesse pestato. E, soprattutto non aveva mai tentato di portarlo con sè a casa sua. Anzi, una volta lo aveva persino seguito.

Che strano essere umano era mai quello che pedinava un gatto per strada, invece di farsi seguire?

Fu così, che senza rendersene conto, un giorno la trovò all’interno del teatro, che guardava silenziosa e con le mani dietro la schiena le travi su in alto.

Che lo cercasse?

Pian piano rientrò in camerino e stentò ad orientarsi. Che cosa era successo?

Il divano era stato riammodernato, le foto ingiallite erano sparite dai muri intonacati di fresco ed un grande cesto di vimini, con un soffice cuscino, troneggiava nel centro; una ciotola, poco distante, conteneva del pesce bollito.

Vuoi vedere che allora non è del tutto impossibile convivere con un essere umano??

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