Ci sono momenti della tua vita in cui le circostanze ti costringono ad aguzzare i sensi.
Non sempre è piacevole perché i nervi scoperti vanno in corto più facilmente e vorresti essere perennemente cosparso di aculei o di scaglie, come un grosso armadillo o un istrice puntuto.
La tivvù, sempre accesa, sputa le sue notizie a raffica, senza censure o riguardo per chi ascolta.
Così una dottoressa, di non mi ricordo più quale ospedale del nord, raccontava qualcosa a cui non avevo completamente pensato, e di cui adesso ho risentito parlare al tg da dei figli disperati.
Una coppia di anziani viene prelevata dalla loro casa perché con dei sintomi sospetti. Iniziano i controlli e l’isolamento. Niente più visite dei figli, dei nipoti, di chi li vuol bene e niente contatti nemmeno telefonici perché i telefonini non entrano in terapia intensiva.
Qui, dopo poche settimane, lentamente si spengono, lucidissimi, con i pensieri sempre a chi si sta lasciando là fuori e un senso di impotenza. Dicono che si muore un po’ come è accaduto alla mia mamma con l’enfisema, come se si stesse affogando, in fame d’aria. Mamma me lo disse, in ospedale, poco prima di andarsene: “Lasciami andare, sono stanca. Mi sento come un pesce fuori dalla boccia”.
Così questa dottoressa ha fatto fare parecchie videochiamate a tanti di questi pazienti in fase terminale. Li ha fatti parlare, e ha fatto loro vedere, figli, nipoti, persone care. Chiamava questo file “la linea della vita”.
Mi è sembrata un’attenzione struggente, tenerissima, alla quale non avevo mai pensato.
E, ancora una volta, in questo periodo, mi sono messa a piangere.
Geraldina, come sempre mi commuovo. Sei un’anima sensibile. Ti abbraccio forte
Grazie Maruzza…
È venuta fuori la precarietà di questo mondo, la nostra inadeguatezza, la nostra stupida illusione di certezze, se pensiamo che, per difenderci da questa calamità, usiamo un sistema medioevale: chiuderci a casa!
Bellezza è anche leggere queste riflessioni. Grazie Geraldina, anche commuoversi può far star bene.