Geraldina Piazza

Quarantena

/qua·ran·tè·na/

In origine, segregazione di quaranta giorni prescritta per malati affetti da malattie contagiose; in seguito, isolamento, segregazione di persone o animali per motivi sanitari, indipendentemente dal numero dei giorni.

Esasperazione, aggressività, logorrea e isteria. Sentimenti. Ma di quelli brutti, di cui non vantarsi.

Siamo chiusi in casa ormai da 41 giorni. Uno in più di quello che, per legge, facevano passare ai marinai ormeggiati col loro vascello fuori dal porto, per evitare che potessero portare a terra qualche rara malattia proveniente da luoghi lontani…ma non so se Wuhan esisteva già.

I microcosmi che ci intrappolano hanno amplificato, acuito, esasperato sentimenti, affetti, discussioni, diversità di vedute e impulsi. Non sempre in modo positivo.

Abbiamo riso tanto, guardando il Grande Fratello o l’Isola dei Famosi, quando i protagonisti, isolati da mesi, parlavano con i familiari e scoppiavano in lacrime. Io sono stata al negozio di surgelati dietro casa, l’altro pomeriggio, in contemporanea con un’amica molto cara che non vedevo dai primi di marzo e un’altra amica che abita proprio di fronte e che è scesa a salutare, con la mascherina, proprio per un attimo. Non ho pianto perché, davanti a una frittura di calamari surgelata non si piange, ma ho dovuto fare un grosso sforzo per ricacciare indietro le lacrime dell’emozione che mi stava sopraffacendo. Siamo tutti imbecilli? No! Siamo tesi come corde di violino, pronti a scattare come la freccia trattenuta dall’arco da due dita sicure.

E penso a chi è meno fortunato di me, che ho una casa grande, addirittura su due piani, che posso isolarmi nel mio studio facendo scorrere veloci le dita sulla tastiera per non perdere i pensieri che sono molto più veloci della mia abilità di dattilografa mentre ogni tanto, alzando gli occhi, sfioro con lo sguardo le chiome del grande ficus della villa, mentre in lontananza vedo il mare.

Ma ci pensate che anche in questa occasione ci sono stati dei femminicidi? Donne che hanno ospitato gli ex compagni a casa, per aiutarli, e sono state uccise nel sonno, nel proprio letto. Queste convivenze prolungate, uno addosso all’altro, tutto il giorno, senza tregua, hanno fatto scattare la trappola per delle povere donne che, altrimenti, avrebbero potuto salvarsi.

E ogni tanto mi prende un grande desiderio di ribellione: “Ora invito qualcuno, magari per un tè…”

Sono sempre stata un animale sociale. Selettivo ma sociale. Questo isolamento mi pesa moltissimo, ma sono anche una profondamente corretta e l’idea di infrangere delle regole mi ripugna. Penso anche al mio stato di salute non proprio florido e la paura di essere contagiata da qualcuno di quegli incoscienti che vedo girare senza né guanti né mascherina mi spaventa non poco. Almeno ho ottenuto che al reparto ortofrutta dei supermercati la gente non tasta più la merce a mani nude, cosa che mi procurava non pochi problemi di civile convivenza nei mesi passati.

Per il resto ho imparato a godermi il mio privilegiato punto di osservazione con la mia super macchina fotografica che ha un obiettivo con uno zoom che arriva a 1200. Cioè non tenete le finestre aperte nel raggio di 2 chilometri ché vi fotografo dentro casa. Con buona pace della privacy.

Per il resto la mia capacità di concentrazione, da uno a cento, è pari a quindici. Non riesco nemmeno a seguire il mio adorato corso di sceneggiatura. Non riesco ad adeguarmi alle lezioni online. Non so come facciano i ragazzi con la scuola o con l’università. Ma ogni occasione è buona per portarsi via i miei pensieri.

Dovrei finire il mio libro sulle storie di famiglia e le ricette di nonna ma giace lì, in un file abbandonato in una cartella del mio computer. 

E poi ho sonno. Sbadiglio tutto il giorno fino a disarticolare la mascella, ma la notte non chiudo occhio prima dell’una passata.

Il 4 di maggio, fra pochi giorni, “liberi tutti”, o quasi. Secondo me non siamo in grado di autoamministrarci e rischiamo di fare un macello. Purtroppo siamo un popolo di anarchici che ha bisogno della frusta. E io non so se questa libertà riconquistata non ci porti a fare passi falsi…

Ma da qualche punto bisognerà pur ricominciare. E io voglio ricominciare da me.

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